Chiesa e Università

Elena Lucrezia Cornèr Piscopia

Elena Lucrezia Cornèr Piscopia, patrizia veneziana, personaggio storico di indubbia, chiara fama, mirabile ‘icona’ per l’appassionato, fecondo sapere intellettuale che disegnò la sua giovane vita, consegnando alla storia un’immagine incisiva, tuttora presente nella nostra memoria, è definita con una efficace metafora: prima donna laureata al mondo – ed altresì – donna votata al sapere e a Dio.

Lusinghieri appellativi che danno risalto alla sua intelligenza vivace, duttile, feconda e razionale, alla tenacia, al coraggio di andare oltre le comuni istanze del tempo, per realizzare i sogni, anche come donna saggia, aperta verso orizzonti lontani, fuori dal comune, logoro senso della vita mondana per essere se stessa, aliena dai successi e dalle celebrazioni entusiastiche che le venivano tributate dai suoi contemporanei e da studiosi anche d’Europa.

Elena Lucrezia, quinta di sette fratelli, nasce a Venezia nel prestigioso palazzo Cornèr (oggi Loredan) accanto a Rialto, il 5 giugno dell’anno 1646, come si legge in una targa visibile tuttora nel sontuoso edificio. La famiglia, o la casata, notoriamente illustre e famosa di antica nobiltà (un avo, Alvise Cornèr, dotto scienziato, amico di Galileo e la regina di Cipro Caterina Cornèr appartenevano alla stessa famiglia) aveva “dati al governo della Serenissima 9 cardinali, taluni dogi e intrepidi uomini d’armi”. Lo stesso padre, mecenate, uomo di studi, collezionista di quadri e libri, era procuratore di San Marco. Possedeva, tra l’altro, una cospicua, arcinota biblioteca di 4’000 volumi, meta di ricercatori, studiosi ed eruditi. Elemento, questo, non da sottovalutare per la costante crescita culturale di Elena,  nell’incessante, anche inquieto e volitivo, arricchimento della sua mente.

Le eccezionali doti della figlia vennero accolte con entusiasmo dall’ambizioso padre che, per ottenere l’iscrizione all’albo d’oro del patriziato veneziano, sborsò ben 105’000 scudi. Assecondò inoltre la sua vocazione (aveva solo 10 anni) e l’affidò ai più insigni ed eccellenti insegnati nell’apprendimento delle discipline classiche: greco, latino antico e moderno, matematica, astronomia, geografia, musica e filosofia, oltre ad idiomi e lingue moderne come spagnolo, francese, tanto da essere, con una metafora, acclamata oraculum septem linguarum. Conquista cui si aggiunse lo stupore per la conoscenza della lingua orientale: l’arabo, appreso nella relazione intellettuale con lo studioso rabbino: lo spagnolo Aboaf.

L’attrazione e la ricerca per lo studio della teologia trasmessa dal docente universitario padre Rotondi, la catturò profondamente da chiedere l’ammissione al conseguimento della laurea in questa ardua disciplina che affinò una mente già orientata a conoscenze scientifiche, matematiche, filosofiche. Richiesta respinta, in primis, per il rigido anacronistico atteggiamento del cardinale Gregorio Barbarigo che reputò “ridicolo, scandaloso” il titolo ambito da una donna (“pregiudizi del secolo sulle funzioni e sulle capacità muliebri”).

Così Elena,  fu proclamata il 25 giugno 1678, nella cattedrale di Padova, tra l’ammirazione di un foltissimo pubblico, doctrix in filosofia, ricevendo i segni distintivi della nobiltà del traguardo raggiunto. Altra delusione e rammarico: la consegna del libro chiuso, indicativo per il mancato riconoscimento all’insegnamento, tranne nelle accademie e luoghi deputati al sapere. A bilanciare tali delusioni ed amareggiare la compensazione, pure questa altruista, dettata da una mirabile, profonda esperienza interamente spirituale, la adesione all’ordine femminile dei benedettini, divenendo fedelissima, sapiente oblata. Sotto gli abiti (non visse la vita di clausura) portava devotamente uno scapolare di lana nero. Desiderò essere sepolta nel monastero di Santa Giustina. Una statua marmorea ne ricorda vita, opere e l’ambitissima laurea nella prestigiosa Università patavina. Questa testimonianza, da secoli, è posta all’ammirazione dei fruitori, sullo scalone del cortile antico di Palazzo Bo, ma il suo esempio luminoso travalica la fredda effige e suscita risonanza nel nostro animo anche come monito ad aprirci alla cultura, allo studio, all’operosità.

Elena Lucrezia Cornèr Piscopia mori per turbe il 26 luglio 1684,a soli 38 anni, in concetto di santità, ma calò su di lei la così detta “damnatio memorie”, oggi rispolverata da quella sede universitaria famosa di Padova che ne rinnova un grato,  immemorabile ricordo luminoso.

prof.ssa Anna Artmann Boscolo