Chiesa e Università

Santità e Università

Nella teologia cattolica il concetto di santità si riferisce alla condizione di Dio e, in rapporto a questi, alla Chiesa, considerata strumento di salvezza.

Relativamente agli uomini, essa indica un percorso che riguarda tutta l’esistenza e che si radica nel battesimo. «I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, […] a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro signore, nel battesimo della fede sono fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi» (Lumen gentium, n. 40). Aperto a tutti, il percorso della santificazione viene vissuto da alcuni con completa e autentica adesione alla carità, dando luogo ad un’esemplarità di vita che la Chiesa indica attraverso il conferimento del titolo di ‘beato’ e di ‘santo’. Alcune di queste figure hanno intrecciato la loro esistenza con l’Università di Padova, frequentata per ragioni di studio o di docenza.

La prima serie di personalità collegate alla realtà accademica patavina e salite agli onori degli altari è riconducibile ai primi decenni di vita dell’ateneo patavino, anche se le fonti non sempre recano informazioni chiare e certe. Al primissimo periodo di esistenza dell’Università cittadina risale la presenza di Alberto Magno (1200 – 1280, canonizzato e proclamato dottore della Chiesa nel 1931) e Bartolomeo da Breganze (1200 – 1270, proclamato beato nel 1793): a Padova entrambi, prima di entrare nell’Ordine dei frati domenicani, si sarebbero dedicati allo studio delle arti. Proprio mentre era studente a Padova, forse tra il 1222 e il 1223, Alberto Magno, molto probabilmente, ebbe modo di incontrare Giordano di Sassonia, successore di san Domenico nel ruolo di maestro generale dell’Ordine dei predicatori, e di maturare la decisione di diventare frate domenicano. Notizie tarde e non attendibili, risalenti al XVI secolo, riferiscono, inoltre, che egli sarebbe tornato a Padova, tra il 1228 e il 1229, per insegnare teologia presso il convento domenicano di Sant’Agostino: all’epoca gli studi teologici non erano compresi tra le discipline insegnate presso il giovane Studium, tuttavia erano certamente presenti rapporti fra gli ambienti dei teologi e quelli dei giuristi e degli artisti. Proprio in questa rete di relazioni si inserì il domenicano Nicolò Boccasino (1240 – 1304), eletto papa nel 1303 con il nome di Benedetto XI e beatificato nel 1738: notizie tarde riferiscono che egli insegnò presso il convento di Sant’Agostino, probabilmente tra il 1270 e il 1276.

Ai primi decenni di vita dello Studio è legato anche il nome di Silvestro Guzzolini (1177? – 1267, inserito nel Martirologio romano nel 1598). Il padre lo inviò a Bologna e a Padova per condurre gli studi giuridici, ma presto abbandonò tale campo di studio per dedicarsi a quello della teologia. Abbracciò la vita ecclesiastica e, successivamente, la vita eremitica, durante la quale rielaborò la regola monastica di San Benedetto all’insegna dell’austerità, della semplicità e della povertà, dando vita alla Congregazione silvestrina.

Sempre ai primi decenni di vita dell’Università di Padova vengono fatti risalire gli studi di Luca Belludi (1200? – 1286, beatificato nel 1927), esponente del primo francescanesimo patavino e figura strettamente legata a sant’Antonio, e Benizi Filippo (1233? – 1285, canonizzato nel 1671), membro dei servi di S. Maria, un gruppo di penitenti diviso fra eremitismo e apostolato urbano in terra toscana. Per entrambi fonti piuttosto tarde (secoli XVI – XVII) riferiscono di una formazione ricevuta presso lo Studio. L’assenza di tale informazione nella tradizione agiografica più antica e sobria fa supporre per entrambi che non sia propriamente attendibile. Autentico o meno, il legame con lo Studio venne, comunque, riportato per indicare in queste figura una formazione culturale di rilievo.

Se nei primi decenni di vita dello Studio la vicenda biografica degli studenti destinati ad un percorso di vita meritevole degli onori degli altari si intrecciò con gli insegnamenti teologici impartiti nei conventi, dall’età Carrarese in avanti furono principalmente gli studi giuridici a segnare la formazione universitaria di personalità divenute poi beate o sante. Negli anni Ottanta del XIV secolo fu protagonista della vita universitaria Ioannes de Pomuk, noto come Giovanni Nepomuceno (1340 circa – 1393, canonizzato nel 1729): nel 1386 egli, sacerdote secolare, fu rettore degli studenti oltremontani giuristi. Giunse a Padova per perfezionare gli studi giuridici (nel 1381 aveva ottenuto il baccellierato in diritto canonico presso l’Università di Praga), ricevendo nel 1387 i gradi accademici e conseguendo una formazione tale da renderlo, al suo rientro nel regno di Boemia, vicario generale e fidato collaboratore dell’arcivescovo di Praga e, in questa veste, fiero oppositore delle pretese di controllo delle cariche ecclesiastiche avanzate da re Venceslao IV, che, per questo, ne ordinò la morte.

Nei decenni successivi, dopo l’avvento della dominazione veneziana, giunsero a Padova sempre per studiare diritto Bernardino da Feltre (1439 – 1494, beatificato nel 1654) e Gaetano (da) Thiene (1480 – 1547, canonizzato nel 1671). Il primo, durante gli anni universitari, maturò la decisione di entrare nell’ordine dei frati dell’Osservanza e, dopo la sua partenza da Padova, si segnalò per la sua intensa attività di predicazione e per l’ideazione e diffusione nell’Italia centro-settentrionale dei Monti di Pietà, enti ideati dall’ordine francescano per sottrarre le classi più povere alle angherie degli usurai. Il secondo, proveniente da una aristocratica famiglia vicentina e arrivato a Padova nel 1500 per studiare e laurearsi in utroque iure (ottenne il titolo nel 1504), intraprese la vita ecclesiastica nello stesso periodo in cui conduceva gli studi universitari, anche se giunse all’ordinazione sacerdotale solo nel 1516, perché si considerava spiritualmente inadeguato a presiedere la celebrazione della messa. Pur inizialmente inserito nelle dinamiche che caratterizzavano la vita ecclesiastica del periodo rinascimentale (godette e cumulò benefici curati, cedette la gestione delle parrocchie e monasteri assegnati ad altri sacerdoti), Gaetano Thiene si fece promotore di un’intensa attività spirituale e di un diffuso impegno assistenziale nei confronti di persone emarginate e a rischio, culminati nella fondazione dei Chierici regolari teatini, un ordine fortemente impegnato nella tutela delle classi sociali più deboli e nell’attuazione delle disposizioni del Concilio di Trento.

Una formazione giuridica venne attribuita anche a Giovanni Marinoni (1490 – 1562, beatificato nel 1672), indicato come laureato in utroque iure presso l’Università di Padova da alcuni biografi sei-ottocenteschi. L’informazione non è considerata certa: non è da escludersi una sovrapposizione di dati biografici fra Marinoni e Gaetano Thiene, visti il loro forte legame spirituale e la condivisione di un deciso impegno assistenziale a favore delle classi sociali più deboli.

Gli studi filosofici e medici accompagnarono, invece, rispettivamente Battista Spagnoli (1447 – 1516, confermato beato da Leone XIII nel 1885) e Antonio Maria Zaccaria (1502 – 1539, canonizzato nel 1892). Presso l’ateneo patavino, il primo, noto soprattutto come fine poeta in latino, studiò filosofia, seguendo con grande attenzione e interesse le lezioni di Paolo Bagellardo, all’epoca docente di medicina pratica straordinaria, e, al termine della sua permanenza a Padova, decise di entrare nell’ordine dei carmelitani, all’interno del quale rivestì incarichi di responsabilità (per sei volte venne eletto vicario generale e, nel 1513, divenne priore generale). Antonio Maria Zaccaria, invece, si addottorò in medicina nel 1522 e, una volta tornato nella città natale di Cremona, si dedicò all’assistenza dei poveri e dei bisognosi, maturando, nel clima di rinnovamento spirituale sorto in reazione alla crisi determinata dal Rinascimento e da Lutero,  l’idea di abbracciare lo stato di vita sacerdotale e di promuovere una congregazione fondata sulla realizzazione concreta della povertà evangelica, che assunse il nome di Chierici regolari di San Paolo (altrimenti noti come Barnabiti).

Nella seconda metà del Cinquecento, nel clima di rilancio spirituale e pastorale prodotto dal Concilio di Trento, furono a Padova, per ragioni di studio, personalità destinate ad avere un ruolo di rilievo nella vita della Chiesa quali Roberto Bellarmino (1542 – 1621, canonizzato e proclamato dottore della Chiesa nel 1931), Giovanni Giovenale Ancina (1545 –  1604, beatificato nel 1889), Benedetto da Urbino (1560 – 1625, beatificato nel 1867) e il savoiardo Francesco de Sales, più noto come Francesco di Sales (1567 – 1622, canonizzato nel 1665, dichiarato dottore della Chiesa nel 1877 e patrono dei giornalisti nel 1923). Le loro presenze a Padova si legarono in parte alla capacità di attrazione dei percorsi di studio direttamente legati all’ateneo (Benedetto da Urbino e Francesco di Sales vennero a Padova per studiare e laurearsi in utroque iure, mentre Giovanni Giovenale Ancina condusse in città una porzione degli studi di medicina, poi completati a Torino) in parte alla presenza dei gesuiti, giunti a Padova nel 1542 e promotori di proposte di studi umanistici e teologici concorrenziali rispetto a quelle dell’Universitas patavina. Membro della Compagnia di Gesù, Roberto Bellarmino fu inviato dall’Ordine a Padova nel 1567 per formarsi presso le «scole» gesuitiche cittadine, non mancando, però di seguire le lezioni di teologia impartite presso l’ateneo dal domenicano Ambrogio Barbavara, mentre Francesco di Sales affiancò agli studi giuridici quelli teologici presso il Collegio dei gesuiti, sotto la guida di Antonio Possevino. A Padova, dunque, formazione e stimoli alla crescita spirituale di figure destinate a salire alla gloria degli altari passarono attraverso la circolarità di relazioni fra ambienti – quello universitario e quello gesuitico – che, pur concorrenziali, presentavano una rete di collegamenti destinati a mantenersi fino a tutto il Settecento.

Nel Seicento il rapporto santità – università a Padova trovò un esempio illustre in Gregorio Barbarigo (1625 – 1697, beatificato nel 1761 e canonizzato nel 1960), considerato dalla tradizione ecclesiastica l’incarnazione dell’ideale di vescovo promosso dal Concilio di Trento. Barbarigo, infatti, si laureò in utroque iure nel 1655 presso l’ateneo patavino. In qualità di vescovo di Padova (resse la diocesi per oltre un trentennio, dal 1664 al 1697), egli, poi, arrivò a ricoprire l’incarico di cancelliere dello Studio. In tale veste si fece promotore della chiamata all’insegnamento presso l’Università di Padova di personalità illustri come Carlo Rinaldini, il filosofo che ambiva a saldare insieme il pensiero aristotelico con il paradigma della nuova scienza matematico-galileiana della natura. Come cancelliere permise che Elena Lucrezia Piscopia Cornaro si laureasse in filosofia, anziché in teologia come lei avrebbe desiderato. Sensibile alla formazione spirituale e culturale dei chierici, Barbarigo rifondò il seminario diocesano, dotandolo di una sede idonea e munendolo di una biblioteca e di una tipografia: in questo modo rese il seminario un’istituzione culturale di primissimo piano, capace di assolvere, tra Sette e Ottocento, al ruolo di importante e stimolante interlocutore per gli ambienti accademici padovani.

La presenza di personalità in odore di santità si attenuò drasticamente nell’ultima età moderna e nel corso dell’età contemporanea. Solo due figure legate all’ateneo padovano salirono agli onori degli altari: Antonio Rosmini (1797 – 1855, beatificato nel 2007) e Giuseppe Toniolo (1845 – 1918, beatificato nel 2012). Il primo condusse gli studi universitari presso la Facoltà di teologia tra il 1816 e il 1819, laureandosi sotto la guida di Giovanni Prosdocimo Zabeo, docente di teologia pastorale. Promotore di una metafisica dell’essere che modernizzava le grandi tradizioni platonico-agostiniana e aristotelico-tomista, Rosmini fu autore di numerose opere di filosofia morale e di filosofia politica. Questa intensa attività di speculazione fu costantemente affiancata all’impegno caritativo, che lo spinse alla fondazione degli Istituti della Carità e delle Suore della Provvidenza, e all’impegno politico che lo vide coinvolto in maniera importante soprattutto nel biennio 1848-49, allorché si mostrò vicino agli ideali neoguelfi di Gioberti e favorevole all’unificazione italiana. Si fece anche promotore di un progetto di riforma della Chiesa attraverso l’opera Delle cinque piaghe della Santa Chiesa. La sconfitta del suo progetto politico fu accompagnata dalla messa all’Indice di diversi suoi scritti, un provvedimento di condanna dovuto all’accusa di eterodossia e panteismo, che aprì la “questione rosminiana”, destinata a protrarsi per molti decenni successivi alla morte di Rosmini, fino alla sua riabilitazione, avvenuta con il Concilio Vaticano II.

Giuseppe Toniolo, invece, fu studente presso la facoltà politico legale dell’Università di Padova nella fase finale della dominazione austriaca. Dopo la laurea in legge nel 1867, intraprese presso questa Università la carriera accademica, che proseguì poi presso gli atenei di Modena e, soprattutto, di Pisa, dove insegnò per molti anni come professore di economia politica. Promotore di un riformismo sociale sintonico con il magistero di Leone XIII, Toniolo spinse il cattolicesimo italiano a misurarsi concretamente con le problematiche socio-economiche che attanagliavano la modernità. Sposato ed economista, Toniolo offrì un’immagine di santità diversa rispetto a quella che attraversò le aule universitarie padovane nei secoli precedenti, espressa da ecclesiastici dediti all’attività pastorale od assistenziale, dimostrando che l’ascesa alla gloria degli altari è aperta a chiunque.

 

N.B. Nella redazione della presente pagina si sono prese in considerazione solamente persone che siano state ufficialmente riconosciute “beate” o “sante” dalla Chiesa cattolica. Il lettore, pertanto, non troverà riportato il nome di Antonio Pizzamano (1462 – 1512), laureato presso lo Studio patavino in arti liberali e noto per la sua azione pastorale in qualità di vescovo di Feltre, e di Tristano d’Attimis (1707 – 1748), che, durante gli studi universitari a Padova, decise di entrare nella Compagnia di Gesù e di intraprendere la strada dell’impegno missionario, conclusa con il martirio a Nanchino.